Proponiamo in questo articolo un rito di riparazione per i bambini non nati in modo provocato o spontaneo. Questo atto straordinariamente curativo deriva da una particolare esperienza che ha avuto luogo nel Centro Takiwasi, in Perù, all'interno di un contesto terapeutico di cui spiegheremo immediatamente l'origine.
L'esperienza clinica di tre decenni ci ha mostrato le conseguenze gravi, a volte drammatiche, degli aborti, la cui incidenza fisica, psichica e spirituale viene spesso messa a tacere o fortemente sottovalutata. La sindrome post-aborto viene generalmente coperta o sottostimata dalla comunità medica. Quando invece la riparazione viene eseguita correttamente, i benefici che riguardano questi tre ambiti risultano immediatamente evidenti.
Ci proponiamo personalmente con un approccio cristiano, ed è all'interno di questa spiritualità che abbiamo elaborato le preghiere che accompagnano questo rituale. Detto questo, crediamo che questi contributi possano essere modificati, corretti e arricchiti. D'altra parte, questa formula non è esclusiva per i cristiani e non significa che le persone che usano questo tipo di riparazione condividano questa fede o vi aderiscano. A proposito della validità delle forme cristiane di questo rituale, ci sottoponiamo all'autorità della Chiesa per la sua valutazione corrispondente.
Nel 2000, una signora francese sulla sessantina, di nome Françoise, si mise in contatto con me e mi chiese di venire in Perù, al Centro Takiwasi, per seguire un processo terapeutico che associa la psicoterapia occidentale e l'uso di piante medicinali amazzoniche. Ciò include, tra le altre tecniche, l'assunzione di Ayahuasca, una miscela psicoattiva ancestrale che svolge un ruolo essenziale nelle iniziazioni indigene ed è qui integrata come strumento di esplorazione della psiche profonda. Quando Françoise mi descrisse la sua condizione clinica, un tumore ovarico terminale con versamenti di ascite, le sottolineai l'impossibilità di riceverla dati i rischi che ciò comportava. Il viaggio era difficile, Takiwasi non è una clinica dotata di servizi medici sufficienti per gestire questo tipo di casi. Nonostante la sua insistenza, confermai il mio rifiuto. Mi chiese quindi di ottenere un colloquio durante il mio seguente viaggio in Francia, cosa che accettai.
Quando la vidi in Francia qualche tempo dopo, mi incontrai con una donna con una pessima condizione fisica generale e allo stesso tempo con un forte desiderio di non morire senza sapere "di cosa stava morendo". La sua pancia gonfia sembrava quella di una donna incinta, ma era in gran parte dovuta al versamento addominale di ascite che doveva essere drenato regolarmente. Fui commosso dalla sua richiesta che non era quella di trovare una cura, quasi impossibile in questa fase, ma di ottenere una comprensione riguardo la sua vita e le ragioni che la portavano alla morte. Era disposta a correre il rischio di un lungo viaggio e la sua famiglia accettava la sua volontà, persino la possibilità di morte durante il trasferimento. Dopo aver preso le precauzioni necessarie per un eventuale rimpatrio in aggiunta alle garanzie familiari e all'impegno a seguire le mie istruzioni alla lettera, incluso un affrettato ritorno, se necessario, accettai di aiutarla a ottenere una risposta a questa domanda esistenziale e vitale per lei, ricevendola in Perù per un mese. Françoise si fece rimuovere diversi litri di ascite poco prima di salire sull'aereo. Trascorse tranquillamente il viaggio e arrivò a Takiwasi per seguire un processo terapeutico con Ayahuasca e altre piante.
Nella prima sessione di Ayahuasca, lei vide un terremoto: simbolicamente, un terremoto interiore si stava preparando per lei. Poi ebbe una visione terribile: si vide vestita come un ufficiale delle SS tedesche! Questa visione fu molto spiacevole per lei e non poté comprendere cosa significasse. Nella sua biografia non si ritrovavano relazioni personali o familiari con il regime nazista e gli eventi della seconda guerra mondiale.
I simboli nazisti compaiono frequentemente nelle sessioni di Ayahuasca e indicano l'esistenza di un culto della morte. La svastica, ruota della vita nell'Induismo, è qui rovesciata, e quindi indica la "ruota della morte". Ciò rappresenta non solo una forma di indifferenza verso la vita, ma un atteggiamento attivo e volontario nel celebrare le forze di Thanatos. Quando le proposi questa "lettura" il giorno successivo, lei continuò a non associare questo simbolo a qualcosa di specifico riguardante sé stessa.
Nella seconda sessione di Ayahuasca questo punto venne chiarito e svolse in seguito un ruolo centrale nel processo. Françoise sentì una voce che identificò come la Saggezza che le chiese se voleva davvero sapere di cosa stava morendo. Lei rispose "sì". Poi arrivò la risposta: "Muori per la morte che hai seminato nel tuo grembo e nel grembo delle donne".
Françoise capì. Intorno ai 20 anni, incontrò un uomo di passaggio e passò con lui la notte durante la quale ebbero una relazione sessuale. L'uomo scomparve e lei si ritrovò incinta. Suo padre la esortò ad abortire il figlio indesiderato e senza padre... e, sotto pressione, lei finì per accettare l'aborto. In seguito Françoise mi spiegò come l'odio verso gli uomini si fosse cristallizzato nell'uomo che la abbandonò e nei confronti del suo stesso padre che gli ordinò di uccidere suo figlio, ed in seguito quest’odio si è sviluppato a partire da quel momento. Quindi, Françoise decise di eliminare gli uomini dalla sua vita ed ebbe solo relazioni omosessuali, senza avere un altro figlio. Era un'infermiera di professione e decise di "aiutare" altre donne in una situazione simile poiché la legge francese non consentiva ancora l'aborto. Françoise portava queste donne nei paesi vicini dove l'aborto era legale e dedicò a questa missione gran parte della sua vita.
La voce della saggezza era la sua maestra e le disse: "I bambini non nati non sono morti, poiché devono nascere per poter morire. La nascita rappresenta l'arrivo alla luce del giorno ed è accompagnata dal riconoscimento dell'unicità del figlio da parte dei suoi genitori e dell'umanità, simboleggiato dalla concessione di un nome proprio. L'anima di questi bambini è bloccata nel suo processo evolutivo, in attesa di ciò che gli è mancato: un corpo che raggiunga la luce di giorno, il riconoscimento come un essere umano unico e il ritorno sulla terra al momento della morte. “Vuoi correggere i tuoi errori?", lei annuì. Le vennero quindi narrati i passaggi da seguire per riparare questi aborti attraverso un rituale che riprendesse le fasi essenziali della vita di ogni essere umano:
- Conformazione del corpo del bambino con l'argilla con tutto l'amore che il bambino avrebbe dovuto ricevere al momento della nascita;
- Assegnazione di un nome unico;
- Seppellirlo più tardi sulla riva del piccolo fiume che costeggia il Centro Takiwasi;
L'esperienza clinica di tre decenni ci ha mostrato le conseguenze gravi, a volte drammatiche, degli aborti, la cui incidenza fisica, psichica e spirituale viene spesso messa a tacere o fortemente sottovalutata.
Dopo questa sessione travolgente, Françoise mi chiese di eseguire questo rituale con lei, non solo per guidarla, ma anche per rappresentare la figura maschile positiva che era mancata nella sua vita. Fui d'accordo, facendole presente che essere cristiano, cattolico, tutto ciò che potevo offrire erano le preghiere incluse nella mia vita spirituale e che avessero un senso per me. Una volta ottenuta la sua approvazione, preparai una serie di letture tratte dalla Bibbia e dai libri di preghiera cristiana.
Il rituale venne eseguito secondo la sua visione e accompagnato dalle preghiere e dalla benedizione del corpo simbolizzato del bambino e dalla benedizione di Françoise che rappresentava allo stesso tempo la madre di tutti questi bambini abortiti. Françoise era molto emozionata durante l'esecuzione del rituale e pianse abbondantemente.
Nella terza e ultima sessione di Ayahuasca che si svolse dopo il rituale, Françoise vide una serie di piccoli cuori rossi che si innalzavano dalla terra al cielo. Queste era le anime liberate dei bambini. Quindi, le apparve una grande bocca che le disse: "Io sono la bocca che pronuncia la Verità. Puoi farmi solo una domanda." Lei le chiese: "Sono guarita?" La risposta fu immediata: "Sei guarita".
Alla vigilia del suo ritorno in Francia, Françoise ebbe un sogno significativo che mise fine al suo processo di guarigione spirituale. Si vide montare a cavallo come un coraggioso guerriero che va in battaglia, ricordando Giovanna d'Arco, e di fronte a lei vide che "l'esercito nazista retrocedeva".
Tre mesi dopo il suo ritorno in Francia, ricevetti un fax da Françoise, che iniziava con queste parole "Quando riceverai questo fax non sarò più su questa terra..." e continuava ringraziandomi per la sua "guarigione".
Gli effetti delle sessioni di Ayahuasca sono condizionati da vari fattori (luogo del rituale, qualità della bevanda, dose, preparazione della persona, competenza dei maestri guaritori, ecc.), ma a nostro avviso l'essenziale sta nell'intenzione della persona. Questo è ciò che guiderà il processo e gli darà un senso. La sincerità di chi prende l'Ayahuasca è fondamentale. La motivazione e l'intenzione di Françoise erano chiare e questo fu ciò che mi fece decidere di correre il rischio di farla venire in Perù, nonostante il contesto avverso. Françoise, di fronte alla vicinanza della morte, era molto attiva, in realtà, e lontana dall'atteggiamento di una semplice curiosa o di una "turista neo-sciamanica". La sua domanda era vitale per lei. Non chiedeva di guarire fisicamente, ma cercava soprattutto il significato della sua morte e quindi della sua vita: la sua richiesta era di tipo spirituale.
L'ayahuasca consente un processo graduale di comprensione e integrazione del simbolismo che si manifesta nelle sessioni terapeutiche. Vediamo chiaramente le fasi delle sue tre sessioni: l'annuncio di un disordine (di una conversione, va detto) e la consapevolezza della sua colpa; l'insegnamento di questa colpa e i modi per ripararla; il rituale di riparazione, la liberazione e la risposta alle sue aspettative di guarigione; la conferma della guarigione-conversione. L'Ayahuasca viene tradizionalmente presentata come maestra e vediamo molto bene qui la pedagogia che guida il processo.
L'Ayahuasca svolge qui un ruolo di legame e apertura al mondo spirituale, non è lei che risponde parlando, ma facilita e consente questa comunicazione con "ciò che ha senso". Di fronte a Françoise c'è la Voce della Saggezza, la Voce della Verità che trascende l'Ayahuasca in sé stessa e nel contesto e dà le risposte in una sorta di dialogo essenziale, di insegnamento e di guida trascendentale.
L'Ayahuasca si esprime nella psiche del soggetto in modo simbolico, come nel caso del sogno finale che riecheggia la prima visione (la relazione con il nazismo). Questo simbolismo include tutte le dimensioni dell'essere, dal livello fisico (sensazione di un terremoto), al livello emotivo o psico-affettivo (ansia, paure...), fino al livello spirituale (nazismo, la Voce della Saggezza e della Verità). Alcune immagini o voci non necessitano di interpretazione e sono immediatamente chiare per il soggetto, altre richiedono una lettura simbolica.
Il processo di Françoise ha due dimensioni rituali, una realizzata con le piante e un’altra che fa da cornice alla riparazione che le è stata indicata. Entrambe queste dimensioni sono contrassegnate da un'interpretazione rigorosa che consente loro di essere operative. Il rituale dell'Ayahuasca a Takiwasi è stato sviluppato secondo gli insegnamenti degli antichi maestri guaritori dell'Amazzonia, che ci hanno trasmesso le loro conoscenze, e anche secondo le indicazioni che sorgono nel nostro processo personale, attraverso sogni e visioni. Possiamo anche apprezzare che il rituale di riparazione dell'aborto sarà strutturato sulla base delle informazioni fornite dalla visione di Françoise, come un insegnamento e un requisito del mondo spirituale. Non è un'elaborazione sentimentale o estetica, ma intesa a mettere in atto processi efficaci e precisi che trovano la loro giustificazione nel significato di cui sono portatori e nella loro profonda coerenza con le leggi spirituali che Françoise ignora completamente a livello cosciente. Intorno alla struttura dominante indicata si trova un'area di espressione personale (Françoise che mi chiede di rappresentare la figura maschile positiva o me stesso che scelgo determinati testi in base ai miei sentimenti).
Il rituale assume una funzione di interfaccia tra il mondo della realtà sensibile e quello della realtà invisibile. Viene creato un campo delimitato nel tempo e nello spazio che consente la combinazione o coincidenza dello spazio-tempo. Questa "condensazione" del rituale può essere efficace oltre i limiti ordinari dello spazio-tempo. Pertanto, durante le sessioni di Ayahuasca, Françoise troverà allo stesso tempo la quantità di aborti praticati da molti anni a questa parte ma che sono "riassunti" nell'essenziale "cattivo comportamento" che può essere riparato da "un rituale unico". Allo stesso modo, un solo bambino modellato rappresenta tutti i bambini senza che sia necessario modellare tanti bambini quanti sono gli aborti da riparare: troviamo quindi un piccolo numero di cuori liberati che confermano che la riparazione raggiunge tutti.
I simboli nazisti compaiono frequentemente nelle sessioni di Ayahuasca e indicano l'esistenza di un culto della morte. La svastica, ruota della vita nell'Induismo, è qui rovesciata, e quindi indica la "ruota della morte".
Inoltre, il rituale di riparazione, rituale di formazione e sepoltura, mostra alcuni momenti della vita di questi bambini: dalla gravidanza (modellare l'argilla), alla nascita, all’accoglienza nella società degli uomini (nome e benedizione), fino alla morte e al ritorno alla terra.
Sulla base dell'esperienza di Françoise, l'aborto indotto corrisponde esattamente a un omicidio che semina la morte non solo tra questi bambini, ma anche nel cuore delle persone che lo decidono o lo praticano. Françoise è una persona che semina morte e si converte nella prima vittima. Diventerà sia vittima che carnefice di altri, ma anche di sé stessa. Ora lei è "incinta" di ascite, un'acqua di morte. Le circostanze attenuanti del suo atto iniziale (l’abbandono da parte del padre del bambino e di suo padre, la sua giovinezza, la sua ignoranza, il suo sgomento per questa situazione inaspettata) non eliminano la colpa che richiede una riparazione. Allo stesso modo, la "buona volontà" di "aiutare" altre donne non la esonera dalla responsabilità e, al contrario, la sua scelta deliberata di continuare su questa strada conferma che il suo aborto stava già seminando la morte, come farà in seguito "nei grembi delle donne”. Anche il suo gesto “altruistico” verso le altre donne che soffrono è abitato da una dimensione di odio reazionario per la sua sofferenza, odio verso il padre e in generale verso tutti gli uomini. Françoise deciderà anche di non avere una relazione emotiva e sessuale con gli uomini e si dichiarerà lesbica. Si odia, dal momento che non è stata in grado di dire "no" agli ordini letali di suo padre. La sua sofferenza non si trasforma in amore, compassione, per impedire ad altre donne di abortire, sapendo resistere alle pressioni negative dell'ambiente umano e sociale, trovando il sostegno necessario che manca loro e non soffrire come lei ha sofferto. Lei ha scelto di proiettare il suo odio sugli uomini che mettono incinta le donne in modo irresponsabile, senza apparentemente attribuire la co-irresponsabilità a queste donne e in qualche modo adeguare i conti con la sua storia dolorosa attraverso altre vittime. È innanzitutto la sua sofferenza che lei vuole curare, dimenticando il figlio abortito e quelli che aiuterà a eliminare. La complicità con la morte avrà la priorità sulla complicità con la vita. Possiamo anche presumere che l'onere della colpa per le sue azioni sia ridotto a questa giustificazione "altruistica" nei confronti de suoi simili. La colpa, condivisa e "standardizzata", diventa meno pesante. Françoise non trova la via del perdono, deve chiedere perdono a sé stessa, a suo figlio e deve offrire il perdono a suo padre e all'uomo che l'ha abbandonata. Qualunque siano le circostanze che hanno riguardato quest’uomo anonimo, è lei che ha accettato l'atto sessuale, che non le è stato imposto. È indicativo che lei incorpori la necessità di una figura maschile positiva nel rituale e si faccia guidare e dirigere da un uomo in questo atto di riparazione.
Il riferimento ai nazisti è chiaramente posto nell'ordine del genocidio, dei crimini contro l'umanità. Potremmo pensare che questo concetto di genocidio si applichi in particolare a Françoise a causa del numero di aborti a cui ha partecipato, ma non corrisponde a un singolo aborto. Un'altra esperienza contraddice questa interpretazione. Un uomo sulla quarantina che ha seguito a sua volta un processo con l'Ayahuasca durante una cerimonia viene gravemente colpito da terribili immagini del genocidio in Ruanda. Dopo aver accettato per compassione, di condividere la sofferenza della popolazione del Ruanda, più tardi nella sua sessione cerca invano di eliminare queste immagini e questa sensazione di angoscia. Non avendo nulla a che fare con questo tragico evento politico e posto di fronte a un'intensa sofferenza, inizia a lamentarsi interiormente dicendo: "Non ho fatto nulla del genere, non ho ucciso nessuno per meritare di vivere questo!" La voce saggia che si manifesta attraverso l'Ayahuasca gli risponde: "Come fai ad essere così sicuro?" E poi ricorda l'aborto di suo figlio, commesso molti anni prima. Questo singolo aborto è presentato sullo stesso piano del genocidio collettivo a cui ha collaborato. Il numero di aborti a cui ha partecipato Françoise risiede piuttosto nella sua "qualità" di ufficiale nazista, non di semplice soldato, ma di "generale" nell'armata della Morte.
Al di là dell'immagine del genocidio, l'aborto equivale a una scelta fondamentale che è il culto della Morte. Non è solo un rifiuto passivo della Vita attraverso la non accettazione della vita particolare dell'essere in gestazione, ma una posizione di culto attivo reso allo Spirito della Morte.
L'aborto viene presentato a Françoise come un'interruzione non solo del processo vitale nel senso fisiologico del termine (cosa che ovviamente lei sapeva), ma come ostacolo alla piena realizzazione del futuro spirituale di ogni bambino. Perché questi bambini non hanno un corpo ma si hanno un'anima che sopravvive alla morte fisica. La piena liberazione dell'anima implica la morte dopo essere emersi alla luce del giorno. È indispensabile e necessario che questi bambini nascano per poter morire, cioè passino allo stadio della loro trasformazione spirituale. Quando questa legge spirituale non viene adempiuta, l'anima sopravvive, ma non è in grado di completare l'intero processo che le consente di seguire il suo percorso spirituale. Pertanto, sarà necessario che il rituale includa la presenza materiale di un corpo fisico nato dalla terra e appaia alla luce del giorno dopo la gravidanza (modello). La riparazione sarà completata con il ritorno sulla terra di questo corpo nato dalla terra. Il nascituro, anche se possiede corpo e anima, è "incompleto" a livello spirituale, poiché non ha accesso al cuore e all'anima in questo mondo. Sarebbe una specie di aborto del corpo e dell'anima, inseparabile, per cui il corpo e l'anima del bambino rimangono "in attesa". Questo bambino è descritto, secondo quanto ha percepito Françoise, come se si trovasse in un luogo di "transito", in attesa, incapace di avanzare nella sua realizzazione. Una volta eseguito il rituale di riparazione, queste anime risalgono dalla terra al cielo.
L'altra condizione che appare fondamentale è il riconoscimento dell'unicità di questo essere da parte della comunità, a cominciare ovviamente dai propri genitori. La singolarità di ogni essere umano è rappresentata dall’imposizione di un nome. Questo è un segno di benvenuto, di accoglienza e accettazione di ciò che la vita sa offrire. Il suo nome è pronunciato ad alta voce come un segno della sua riconosciuta umanità. Come abbiamo detto, l'aspetto del bambino nel mondo non è solo fisico, ma include tutti gli aspetti della sua natura umana, compresa la dimensione sociale o fraterna (psico-affettiva) e spirituale, l'aspetto dell'alleanza con gli altri e il "Tutto-Altro". La sua identità ha senso nella sua filiazione umana (la sua discendenza e oltre come figlio di Adamo e/o di coloro che credono ad Abramo) e la sua discendenza spirituale (il figlio del Creatore).
La sepoltura deve avvenire sul terreno vicino al fiume che scorre di fianco a Takiwasi. Possiamo vedere qui il segnale di un nuovo flusso di vita dopo la morte. Un aneddoto illustrativo è stato raccontato da un'altra donna che ha eseguito lo stesso rituale. Dopo aver abortito, non ha potuto avere un altro figlio. Un giorno, guardando la televisione, vide un documentario sulla caccia alle balene. Ad un certo punto, una balena veniva issata sul ponte della nave per mezzo di una gru, e in piena ascesa, il feto di una balena cadeva dal suo ventre e annegava nel mare. La donna provò un'emozione molto forte e la associò alla perdita del suo bambino. Dopo il rituale di riparazione, ebbe un sogno molto commovente in cui vide una balena nuotare nel fiume di Takiwasi e accanto ad essa la sua balenottera viva e felice, che partivano insieme verso il mare. La riconciliazione era stata firmata e la madre e il bambino si recavano insieme verso una nuova vita destinati a unirsi all'oceano del "grande Tutto". L'arrivo al mondo, a questo mondo, non è un atto fisiologico, ma un atto destinato a seguire un destino spirituale, verso l'altro mondo, quello dell'unione nell'immensità della vita. L'aborto divide le storie della madre e del bambino, devia il corso spirituale di ognuno, mutila madre e figlio dalla loro piena realizzazione spirituale.
L'aborto è soprattutto un'importante trasgressione spirituale. Ciò è evidente nelle esperienze che abbiamo condiviso con Françoise, alla sua richiesta di guarigione, che indubbiamente nella sua mente includeva la possibilità di una cura fisica, qualcosa gli diceva che era già guarita, mentre, ovviamente, lo stato fisico non poteva cambiare, ed infatti morì alcuni mesi dopo. Ma era in pace con sé stessa e lo confermerà nel suo fax postumo. E questa pace è probabilmente data dal fatto che la sua richiesta riguardo il significato della sua malattia era stata pienamente soddisfatta. La guarigione fisica avrebbe potuto costituire un'ulteriore grazia che Françoise avrebbe accettato volentieri, ma non lei l'ha definita una condizione della sua ricerca di significato. Pur non essendo credente, Françoise pone una domanda di ordine dello spirituale, la sua ricerca è semantica, affronta il profondo senso della sua condizione, sente che questa malattia ha un senso che le sfugge. In questo modo, ritorna intuitivamente alla sua natura umana che non è soddisfatta da una spiegazione razionale (i dottori, nel senso positivo della parola), ma richiede un'intelligenza che arrivi al significato della vita e della morte, cioè una dimensione metafisica della natura umana. Il "ritorno" prima del suo viaggio a Takiwasi dal momento in cui prende provvedimenti per riguadagnare la sua essenza, cerca le parole che la nutrono, la risposta che soddisfi la sua fame di giustificazione. La sua motivazione è evidente e insiste nel viaggiare in Perù nonostante il mio rifiuto iniziale ed i rischi mortali di questa impresa. Françoise si è convertita in una ricercatrice della verità, a rischio della sua stessa vita, ed è stata la voce della verità che le ha risposto.
Françoise non si posiziona come credente e non pone la sua richiesta da una prospettiva cristiana. Tuttavia, come abbiamo osservato, la sua richiesta è soprattutto legata alla dimensione metafisica e non presenta alcuna resistenza all'incorporazione di elementi cristiani nel rituale dell'Ayahuasca, né nel rituale degli aborti di riparazione. Durante la sua esperienza con piante e rituali, non appare alcun elemento simbolico propriamente cristiano. Tuttavia, per un cristiano, è difficile non riconoscere Colui che è chiamato Via, Verità e Vita.
La "tenera cura del cuore di Gesù per la conversione dei peccatori" (Mt 14,14 e Lc 6,18) può essere letta nell'umiltà di Gesù di essere presente senza obbligare, senza imporre, senza esigere l'adesione o l'affiliazione alla sua Chiesa. Egli svanisce per lasciare libera Françoise, ma sarà la voce della Saggezza e la Voce della Verità. La salva per prima e non per guadagnare un adepto.
Chi altri potrebbe chiedere: "Vuoi essere guarito?". Questa situazione ricorda la guarigione del paralitico in cui si vede principalmente la guarigione spirituale che è disponibile a partire dalla fede degli interessi (Mt 9, 1-7) (Gv 5,6). Françoise mostra anche lei questo atto di fede attraverso la sua potente motivazione, la sua ricerca della verità, il coraggio di cercare una risposta significativa, mettendo a rischio la sua vita. È un figliol prodigo che, sopraffatta dal dolore, torna dal Padre che dà la vita e si precipita verso di Lui per abbracciarlo, anche prima che lei gli chieda perdono (Lc 15,20). Chiederà perdono a suo figlio e a tutti i bambini abortiti durante il rituale di riparazione... non ha ancora la capacità di chiedere perdono direttamente a un Padre che lei ignora... e nonostante tutto riceverà questo perdono. La Misericordia di Dio si manifesta molto bene qui, in questo gesto di riparazione così piccolo rispetto ai peccati commessi, ma così grande per la sincerità e l'autenticità di Françoise.
Nella terza e ultima sessione di Ayahuasca che si svolse dopo il rituale, Françoise vide una serie di piccoli cuori rossi che si innalzavano dalla terra al cielo. Queste era le anime liberate dei bambini.
Se Françoise si confronta con ciò in cui si è convertita senza modificarsi, questa sfida non concepisce alcun giudizio. Gesù non è venuto al mondo per giudicare ma per offrire la salvezza ai peccatori (Giovanni 3:17). Françoise non è invitata all'autoaccusa, segno di suggerimenti demoniaci, ma al riconoscimento della verità su sé stessa, sulla sua responsabilità e allo stesso tempo le vengono offerte strade di accesso al perdono e alla guarigione. Piuttosto, viene liberata dalla colpa che ha portato alla ribellione e alla distribuzione di questo peso in azioni pseudo-altruistiche inadeguate. Gesù è innanzitutto un liberatore e la libera da sé stessa, dalla follia della sua sofferenza e dal modo dispregiativo con cui lei ha canalizzato questa sofferenza.
Si può riconoscere il Padre anche in questa Misericordia, che consiste nel rivelarle la sua mancanza per offrirle immediatamente il perdono. Françoise sarebbe stata devastata se avesse avuto la rivelazione del suo ruolo di "nazista", della realtà dei crimini da lei commessi, senza che le fosse aperta la possibilità di una riparazione. In questa pedagogia del riconoscimento dell'errore, della richiesta di perdono e della riparazione attraverso atti concreti, è l'essere ferito che è portato a guarire le sue ferite. La rivelazione della sua ombra è accompagnata dall'avere a disposizione i mezzi per separarsene e questo è senza dubbio il segno dell'opera di Dio.
La trasgressione spirituale di Françoise è l'adorazione attiva dello Spirito della Morte. Di fronte alla sofferenza, ha preferito fare affidamento sull'odio piuttosto che sull'amore, negare la sua parte di responsabilità in quello che era successo, proiettare la sua colpa all'esterno invece di accedere al perdono. Ora vediamo che, oltre la sua ignoranza e le molteplici circostanze che mitigano questo errore, esso non viene eliminato. Ed è proprio riconoscendo la sua responsabilità che Françoise accede alla sua libertà nella direzione della riparazione. Se Françoise è la vittima passiva di circostanze alienanti, non può accedere alla condizione di essere libera e persino recuperare la dimensione spirituale della sua natura umana, quella di un essere spirituale.
Ma oltre a rispondere alla preoccupazione centrale di Françoise e offrirle una compensazione per la sua salvezza e quella dei bambini in questione, Dio la trasforma in un seme di vita. La sua conversione (in ebraico techouva o metanoia in greco, diversa da un'adesione a una religione o una chiesa) è quella di passare dal culto della Morte a quello della Vita, dall'ufficiale nazista a colei che fa retrocedere le orde mortali. Questo è il cambiamento offerto dalla misericordia del Padre. Spiegheremo più avanti come questo rituale, "personale" all'inizio, sia diventato un rituale offerto a tutti coloro che devono riparare uno o più aborti. Françoise, il seme della morte, con il suo gesto coraggioso e sincero, diventa per grazia divina un seme di vita. Dove abbonda il peccato, abbonda la grazia (Rom 5,20). Sono le strutture della sua persona ad essere agitate e questa agitazione anticipa una confusione, cioè una conversione. E questo è possibile perché Françoise, dopo aver seppellito lo spirito di ribellione, accetta pienamente il verdetto della guarigione spirituale, senza vedere i benefici a livello fisico. Françoise si è voltata ed è tornata dal Padre che dona la vita.
Il rituale assume una funzione di interfaccia tra il mondo della realtà sensibile e quello della realtà invisibile.
La battaglia spirituale tra le forze della vita e della morte viene illustrata nella concezione della battaglia e dello scontro militare del divino esercito di Dio Sabbaoth e dell'esercito nemico contrario alla vita, l'esercito di Satana. Françoise senza saperlo indossa l'uniforme nazista, da cui deve liberarsi per diventare una Giovanna d'Arco con addosso l'armatura di Dio (Ef 6, 12-17). Il diavolo la attraversa, separa la madre da suo figlio, cercando di dividere “ciò che Dio ha unito”. Vuole deviare il suo percorso di vita per trasformarlo in un cammino verso la morte, la distruzione, l'odio. La riconciliazione attraverso il perdono e la riparazione le permetterà, come alla balena ed al suo cucciolo, di nuotare in questo nuovo impulso vitale, fianco a fianco, verso la Vita, l'oceano di amore che è il culmine di ogni destino spirituale. Quindi, l’aborto è un atto di ribellione che equivale al culto supremo di Satana. Questo è un atto demoniaco. La banalizzazione dell'aborto nella scena sociale contemporanea porta a una minimizzazione della gravità del fatto che qui viene ricordata: una morte, un infanticidio, un crimine contro l'umanità, niente di meno.
Ogni essere umano esiste nella volontà di Dio ancora prima del suo concepimento (Gv 1,15) (Sal 139, 15) e l'aborto non è solo un crimine contro il bambino stesso, ma anche un rifiuto manifestato della Volontà e dell’Amore Divino. È l'uomo che si ribella a Dio, disprezzando e annullando la sua volontà e cercando di affermare la propria. È la creatura che sfida il proprio Creatore. Attraverso l'aborto, l'uomo è associato alla ribellione di Lucifero e dei suoi angeli, diventa un affiliato alla chiesa di Satana. Rappresenta la perdita della conoscenza suprema, la negazione della nostra natura umana, quella di una creatura e soprattutto quella di Dio come Padre di tutte le comprensioni. E la leggerezza con cui vengono praticati gli aborti merita la preghiera di Gesù sulla croce: "Padre, perdonali perché non sanno cosa stanno facendo" (Luca 23:34). Solo il sangue di Gesù può riparare il sangue versato dagli aborti.
Nella prospettiva cristiana, l'anima non si incarna come se esistesse nel corpo che reclama. Anche l'intero vocabolario dell’"incarnazione" suona vuoto quando suggerisce una preesistenza dell'anima e una disconnessione l'una dall'altro. Quando diciamo che Gesù è il "Verbo fatto carne", significa che la seconda persona della Trinità ha assunto la natura umana: corpo e anima. L'anima di Gesù è creata contemporaneamente al suo corpo, come ogni uomo, ed è la sua Persona divina che si incarna in questo corpo animato. Pertanto, è molto ambiguo e sbagliato affermare che "l'anima è incarnata" e questa affermazione banalizzata richiede una correzione costante e sistematica. Le anime dei bambini abortiti non possono esprimersi pienamente riempiendo il corpo con cui sono state create, ecco perché l’anima muore con la morte di un bambino non ancora nato. Il problema antropologico e teologico è molto difficile da spiegare, ma l'esperienza di sofferenza delle madri che hanno abortito giustifica la richiesta del sacramentale proposto.
Dopo la visita di Françoise, pensavo che la questione fosse chiusa e che si trattasse di un'esperienza unica legata a una situazione personale e limitata a questo. Tuttavia, ci troviamo ad affrontare continuamente la sofferenza degli aborti tra le persone che ci visitano. Ho scoperto che almeno la metà delle donne che cercano di realizzare un processo di evoluzione personale a Takiwasi con l'aiuto delle piante ha sofferto un aborto. I casi raccolti indicano alcune costanti.
Ogni volta che il problema si presentava durante una sessione di Ayahuasca, veniva sempre vissuto dalla madre come una ferita profonda non cicatrizzata. E sebbene alcune donne affermino di aver preso questa decisione per ottime ragioni, in accordo con il coniuge, in condizioni "ideali", senza sentirsi in colpa a livello cosciente, l'indagine profonda che l'ayahuasca consente, ha rivelato il contrario. L'aborto mostra loro sistematicamente un atto contrario alla vita e per il quale non vi è giustificazione razionale. Negli ambienti più difficili in cui le varie circostanze sembrava aver portato inesorabilmente a questo atto, la mancanza di fiducia nella Provvidenza era palese.
L'aborto implica conseguenze a livello di benessere fisico, mentale e spirituale. Molto spesso, nelle rivelazioni che emergono grazie all’assunzione di Ayahuasca, si evidenziano i legami tra aborto e sofferenza a questi tre livelli. Alcune donne, ad esempio, non sanno dare una spiegazione per la loro sterilità, dato in precedenza erano state fertili. Altri casi, come quello di Françoise, presentano vari disturbi somatici senza causa apparente. Molti dei sintomi depressivi e vari disturbi mentali derivano da atti di questa natura. Le relazioni emotive e sessuali con il sesso opposto ne risultano modificate, a volte in modo grave e cronico. Questi legami tra aborto e disordini psicosomatici, ciò che viene chiamato dal punto di vista medico sindrome post-aborto, sono scarsamente studiati e generalmente non vengono diffusi sulla stampa e persino nei circoli medici. Questa cospirazione del mutismo tende a esonerare la legge dell'aborto e mantiene le donne in una mancanza di consapevolezza circa la gravità di questo atto, non solo per il nascituro, ma anche per il proprio benessere fisico, mentale e spirituale. Vorremmo credere che questa sia un'opzione filosofica neutrale e che gli oppositori si presentino come i difensori di un moralismo fanatico estremo. Ma è una questione di verità e, anche senza ricorrere alla fede o all'adesione agli insegnamenti della Chiesa, è richiesto dalle conseguenze negative misurabili e verificabili, basate su brevi studi epidemiologici, sempre se il mondo accademico si prendesse il disturbo di eseguirli.
L'aborto richiede un risarcimento e può essere riparato. Molto prima dell'arrivo di Françoise, la cui storia ha mostrato la veridicità di questa affermazione, una terapeuta di quarant'anni, Blanche, era arrivata a prendere l'Ayahuasca per interesse professionale. Blanche era sposata e aveva quattro figli con suo marito, con il quale viveva. Una quinta gravidanza indesiderata sembrava impossibile considerando la loro età, i quattro figli, il loro impegno professionale... Essi fanno parte di quelle persone che "ragionevolmente" scelgono un aborto di comune accordo e senza sentirsi in colpa per questo atto. La sua sorpresa fu grande quando la sessione di Ayahuasca le rivelò la gravità di questo atto e le indicò di essere incinta e che questa volta non avrebbe potuto agire attraverso l'ignoranza o l'incoscienza, che l'accettazione di quest'ultimo figlio le sarebbe servita per riparare il suo cattivo comportamento nel passato. In effetti, Blanche era incinta senza saperlo e immediatamente decise di tenere il bambino che ora ha più di 20 anni e i cui genitori non si pentono di averlo avuto... il che dimostra che ciò sarebbe stato possibile anche per il figlio che è stato abortito. Per quanto riguarda Françoise, la rivelazione del suo errore è stata accompagnata dalla possibilità di una riparazione immediata.
D'altra parte, per molte persone, l'aborto ha svolto un ruolo cruciale, indiretto ma essenziale, nei problemi della loro vita. Queste persone non sono state coinvolte nella decisione di abortire, ma l'aborto di una persona cara ha avuto un impatto sulla loro psiche. C'è il classico caso del fratello maggiore (o sorella) abortito dalle loro madri prima della loro nascita. Questo problema rischia di far portare, fin dalla nascita, l'onere di riparare l'aborto precedente. Questa funzione inconscia, trasmessa dalla madre, può produrre forti disturbi della personalità. Questa funzione può anche essere consapevole al punto in cui la madre dà al neonato il nome previsto per la gravidanza precedente: il bambino è, allo stesso tempo, sé stesso e un altro, e, inoltre, un defunto (o un bambino non ancora nato), un modello psichico che può portare a un'eventuale profonda dissociazione mentale fino a evocare una struttura schizofrenica. Molti scenari sono possibili quando al soggetto che nasce viene assegnato, spesso inconsciamente, il ruolo di sostituto che gli impedisce di diventare sé stesso, il che turba la sua identità e il suo posto nel mondo, a causa di questo aspetto tacito, in situazioni psichiche confuse e incomprensibili. Per i bambini piccoli costretti ad assumere un ruolo di sostituto in uno scenario che ignorano, la configurazione familiare non è presente, non sono integrati e, quindi, le patologie mentali appaiono in vari gradi.
Sulla base dell'esperienza di Françoise, l'aborto indotto corrisponde esattamente a un omicidio che semina la morte non solo tra questi bambini, ma anche nel cuore delle persone che lo decidono o lo praticano.
L'aborto ferisce o uccide nelle donne qualcosa che ha a che fare con il suo potere di trasmettere la vita, quello che viene chiamato "istinto materno", un termine che evoca più la funzione degli animali che un atto di procreazione della vita ad immagine della creazione di Dio. Ciò è stato confermato da diversi pazienti durante il processo terapeutico con le piante, che sono diventati consapevoli di un cambiamento nel rapporto con la madre dal momento in cui è stato abortito, dopo la loro nascita, un altro bambino. Questo cambiamento è spesso presentato come la perdita di una relazione affettuosa, con il conseguente passaggio a una relazione più fredda e più distante, più meccanica: la madre non è più la stessa, la "corrente" non passa più allo stesso modo. La sua funzione materna è stata ridotta e sebbene continui a svolgere la sua funzione sociale, qualcosa è morto in lei a livello psico-emotivo. L'atto di dare la vita appare come un atto che va ben oltre gli eventi della gravidanza e del parto. La trasmissione della Vita non si riduce solo a un atto biologico, al corpo fisico, ma al dono dell'amore costante e incondizionato che rappresenta nelle donne la dimensione del divino. La madre è, come la terra, prima di tutto nutriente, colei che dà. Dà il suo corpo per la nascita fisica, ma dà anche il suo cuore per la nascita psichica. Con il suo spirito nato nella vita spirituale, può beneficiare della nascita spirituale di suo figlio, sebbene sia libero e non dipenda dalla madre, ma dalla persona stessa. Questo dono è, più che una funzione, un regalo divino che lei offre ai suoi figli. Ecco perché le donne possono diventare la madre biologica e psicologica in ordine crescente di donazione. È la dimensione spirituale della madre che facilita la maternità psichica e quindi la maternità fisica. Pertanto, è anche possibile essere una madre psichica e spirituale di bambini non biologici (come il caso dell'adozione) e una madre spirituale di bambini non biologici e non psichici (ad esempio, i figli spirituali delle donne impegnate nella vita religiosa, anche a distanza e in clausura).
In questo contesto, è conveniente differenziare l'aborto spontaneo o involontario dall’aborto volontario. Naturalmente, il grado di responsabilità nella morte del feto è totalmente diverso. Pertanto, gli aborti spontanei sono visti come "errori o correzioni della natura" per i quali non vi è alcuna responsabilità da assumere e non sono necessarie riparazioni. Tuttavia, l'esperienza contraddice, in parte, questa affermazione. In effetti, da un lato, a volte ci sono conseguenze negative sulla madre e sugli altri bambini, come abbiamo descritto sopra, ad esempio, nel ruolo di sostituto attribuito agli altri fratelli o in disturbi fisici o psichici nella madre in seguito ad un aborto spontaneo. D'altra parte, il bambino abortito spontaneamente si trova nella stessa situazione dei bambini abortiti intenzionalmente in quanto alla sua evoluzione spirituale: ha un'anima che soffre e non è stata in grado di manifestarsi in un corpo. Inoltre, non è raro che le madri abbiano avuto un sogno o un'intuizione riguardo al sesso di questo bambino e al nome che gli avrebbero dato. Senza escludere o confermare la possibilità del caso in cui si tratta semplicemente di un "errore della natura", ciò che osserviamo è una forma di solidarietà o eredità transgenerazionale. Una grave trasgressione di un antenato (ad esempio, la nonna che abortisce) viene trasmessa nelle generazioni successive fino a quando non viene riparata e perdonata. La madre non ha alcuna responsabilità per un aborto spontaneo, ma può ereditare una responsabilità familiare non presa in carico precedentemente. Abbiamo potuto osservare il caso di una maledizione familiare nei discendenti e che si manifesta in questo modo. Questo ci mette di fronte al mistero del male o del peccato, usando un termine più religioso. La dimensione spirituale è essenziale per affrontare in modo completo gli aspetti evidenziati dalla clinica. Successivamente, quando viene applicata la riparazione di questi casi, le liberazioni appaiono come tali e si manifestano in guarigioni fisiche, psicologiche e spirituali.
Allo stesso tempo in cui le richieste aumentavano, io sentivo anche la pressione interna di riprendere il rituale di riparazione peri i bambini non ancora nati e offrirlo in modo più ampio, ma senza la garanzia che ciò fosse giusto. Mi sembrava di potermi assegnare un ruolo che non corrispondeva a me e che andava oltre la mia funzione terapeutica. È nel mio cammino spirituale che ho trovato una risposta a questa domanda, considerando quanto segue.
Dopo la visita di Françoise, pensavo che la questione fosse chiusa e che si trattasse di un'esperienza unica legata a una situazione personale e limitata a questo. Tuttavia, ci troviamo ad affrontare continuamente la sofferenza degli aborti tra le persone che ci visitano.
Questo rituale possiede chiaramente una dimensione trans-psichica che implica un'azione dell'ordine spirituale. Ma non si tratta di un sacramento. Questo rituale fa parte dell'ordine dei sacramentali (ad esempio l'uso dell'acqua santa, il segno della croce, la venerazione di un'icona dedicata, ecc.) il cui accesso è consentito e raccomandato a tutti i battezzati. Attraverso il battesimo, ogni cristiano ottiene tre funzioni spirituali: "sacerdote, profeta e re". Ma questa dimensione sacerdotale risiede principalmente nella possibilità di offerta e intercessione, specialmente nella parola.
Ho scoperto che pratiche simili esistono timidamente all'interno della chiesa e hanno iniziato a guadagnare forza. In particolare in Francia, nel santuario di Cotignac (Nostra Signora delle Grazie, Var), la cui diocesi esegue il rituale di riparazione dell'aborto due volte all'anno. Con l'ottenimento dei testi liturgici, ho scoperto che erano strettamente collegati (e alcuni identici) a quelli che avevo ritenuto necessario praticare.
Quando finalmente ho accettato di assumermi questa responsabilità, la pressione interna si è fermata immediatamente e ho ricevuto la conferma che era quello che dovevo fare. La pratica del rituale è stata rafforzata dai frutti della riparazione, della riconciliazione e della guarigione fisica, mentale e spirituale. Successivamente, un sacerdote è stato nominato dal vescovo della mia diocesi per garantire un accompagnamento pastorale a Takiwasi per il personale, i pazienti e i visitatori che lo desiderano.
Alcuni gruppi propongono il battesimo di bambini non ancora nati il che mi sembra impossibile: il battesimo è un sacramento e il sacramento è una grazia data a un essere vivente. Il bambino morto non può essere battezzato poiché una persona morta non può ricevere l'estrema unzione. Pertanto, il rituale proposto, che è un sacramentale, non un sacramento, è importante perché si riferisce alla misericordia divina al di là dei sacramenti. L'applicazione del battesimo di volontà (in questo caso dei genitori e della Chiesa), anche con la formula detta "a Dio piacendo", richiede l'esplicita conferma da parte del vescovo, che dovrebbe probabilmente riferirsi alla Congregazione per la Dottrina della Fede.
Non c'è dubbio che si possa essere contenti che un sacerdote proponga una benedizione di questi bambini alla Vergine Maria, la Madre spirituale di tutti i credenti. Questi bambini si convertono in potenti intercessori con Dio per i loro genitori e con la mediazione della Vergine, madre anche dell'intercessione.
A coloro che credono che il rituale di riparazione non valga l'assoluzione sacramentale segnaliamo quanto segue: se la madre è cristiana, deve confessarsi con un sacerdote autorizzato a darle l'assoluzione in questo caso molto specifico, l'omicidio è un "caso riservato" per il vescovo, che può delegare a un sacerdote, ma è necessario chiederlo a lui.
Come abbiamo visto, questo rituale non è propriamente cattolico nella sua formazione o elaborazione. Tuttavia, abbiamo riconosciuto l'intervento della Divina Misericordia dato a ogni "uomo di buona volontà", credente o no. Indubbiamente, molte "Françoise" cercano la guarigione interiore senza integrare consapevolmente la via d'uscita dalla dimensione spirituale che inevitabilmente si include nel caso degli aborti. Questa scoperta può apparire nel corso di un processo terapeutico e portare alla richiesta di riparazione, senza che ciò implichi un riconoscimento di Gesù come Salvatore, né della Chiesa cattolica come luogo privilegiato della manifestazione della sua grazia. Ma Gesù ci insegna innanzitutto che è la fede che salva (Lc 8,48). Dio si è compiaciuto del fatto che Françoise e tutte le donne che lei rappresenta traggano beneficio della grazia della sua Misericordia.
Ecco perché questo rituale è un sacramentale e non un sacramento, è aperto a tutte le persone sincere nel loro processo e ha anche una relativa flessibilità di esecuzione e idoneità per adattarsi a un'ampia varietà di situazioni e contesti.
Desideriamo presentare qui il modo in cui procediamo a Takiwasi, che potrebbe fungere da riferimento per altri terapeuti. Non è nostra intenzione avere la pretesa che questo sia l'unico modo di operare in quanto ai dettagli dell’esecuzione, ma ci sembra che le tre indicazioni di base derivanti dall'esperienza di Françoise debbano essere mantenute, vale a dire:
Modellare con argilla un corpo che corrisponda simbolicamente alla fase di gestazione e quindi alla nascita. Con questo obiettivo, nei rituali eseguiti in altri luoghi, è stata proposta la possibilità di rappresentare il corpo del bambino con una bambola. Questa opzione sembra inadeguata perché sopprime allo stesso tempo l'ordine della materia - la terra - impedendo il successivo ritorno alla terra, nonché la fase di modellazione in cui il bambino viene impastato dalla persona riversandovi il proprio sentimento di amore e di accoglienza e la preparazione al suo arrivo. L'impastamento ricorda l'atto dell'artigiano che permette a questa massa di prendere forma e mostrare il processo di formazione e progressiva differenziazione del bambino. Le mani simboleggiano questo atto co-creativo, esprimono il cuore, offrono le energie della destra e della sinistra permettendo armoniosamente di integrare le funzioni maschili e femminili per raggiungere un essere completo. Adamo è stato formato dalla polvere della terra (afar min haadamah) (Gn 2,7).
In altri luoghi come Cotignac, dove siamo stati in grado di eseguire il rituale di riparazione, la presenza del bambino è rappresentata da una candela accesa. Dopo questo rituale, abbiamo visto chiaramente che questa liturgia era incompleta, a causa dell'assenza di un corpo fatto di terra, di materia. L'uso di una candela accesa potrebbe ricordare il momento della benedizione di questi bambini come un segno della luce dello spirito, ma lo abbiamo visto inappropriato a causa della mancanza di un corpo di "carne".
L'assegnazione di un nome che identifica il bambino e segna il riconoscimento e l'accettazione della sua umanità da parte della società e in particolare dei suoi genitori. È essenziale che questo nome sia unico come succede con i fratelli e non gli venga dato il nome di qualcuno nato da questa stessa famiglia. Raccomandiamo di evitare il nome di un defunto per evitare confusione sull’identità familiare o prestarsi ai fantasmi della reincarnazione di un antenato o di un'altra persona, il che equivale alla mancanza di differenziazione per l'assoluta unità dell'essere non nato. Il ritorno alla terra, la sepoltura che simboleggia la morte del corpo e la liberazione dell'anima, è presentato come una condizione essenziale per l'esecuzione del rituale che consenta la "nascita in paradiso". La vicinanza del fiume a Takiwasi ci sembra circostanziale e, naturalmente, non è un elemento necessario.
Al di là di queste tre condizioni che ci sembrano indispensabili affinché il rituale abbia un senso e mantenga la sua efficacia, indichiamo alcune raccomandazioni complementari che corrispondono al nostro modo di procedere ma che possono certamente variare la sua forma a seconda del contesto.
Questo rituale viene proposto al termine di un processo terapeutico in modo che il soggetto sia il più consapevole possibile dell'atto in cui viene coinvolto. Ciò gli consente di avere maggiori opportunità di carpire il significato profondo di questo processo. Non è un sacramento, una procedura in sé (ex opere operato), ma un sacramentale (ex opere operantis), la sua efficacia dipende dalla possibilità di investimento in quanto a sincerità o fede di chi fa la richiesta e di chi dirige il rituale. Se nel sacramento l'efficacia è piena, nel caso di questo rituale l'efficacia e i risultati sono collegati ai protagonisti e all'onestà, intensità e sincerità delle loro intenzioni. Una preparazione precedente garantisce migliori condizioni di efficienza. Si tratta di evitare una pratica che non sarà dell'ordine "magico" in cui i gesti rassicureranno senza la presenza del cuore e dello spirito che condizionano il risultato di questa iniziativa.
Come ogni rituale, deve essere definito da un rito di apertura e un rito di chiusura. È in questa condizione che il rituale consente di stabilire un particolare spazio-tempo in cui la funzione simbolica è operativa. Il rito di apertura include una richiesta di autorizzazione al "mondo spirituale" in modo che il rituale possa essere eseguito e accettato e che qualsiasi mancanza, errore o dimenticanza sia perdonata in anticipo nel nome della sincerità del cuore e dell'umiltà di coloro che partecipano e del loro desiderio di riparare la colpa commessa. Include anche una narrazione dell'intenzione di coloro che si impegnano nel rituale e l’obiettivo di questo gesto. Il rituale di chiusura integra una manifestazione di gratitudine per l'intervento attivo del mondo spirituale in ciò che è appena stato fatto.
È auspicabile che il rituale venga eseguito in un luogo conosciuto, noi lo eseguiamo nella cappella di Takiwasi, benedetta dal vescovo della diocesi. Dopo il rituale di apertura, i partecipanti lasciano la cappella per modellare il bambino, il che richiederà circa quindici minuti. Insistiamo sul fatto che quest’azione debba essere accompagnata da sentimenti di amore, richieste perdono, di benvenuto, di riparazione, che diano significato al rituale. Spieghiamo che non si tratta di un'opera d’arte in cui la qualità estetica è importante, questo lavoro di modellazione deve essere libero, senza uno schema, per consentire l’espressione dei gesti di differenziazione, dando ciascuno la forma che corrisponde alla loro visione del bambino: forma fetale, bambino completo, attributi unici. I bambini così rappresentati vengono portati nella cappella, a simboleggiare la loro nascita nella società, tra gli uomini ed i credenti riuniti nell'assemblea dei battezzati che è la Chiesa. È lì che viene data la benedizione al bambino e ai suoi genitori, con l'acqua santa, attraverso la persona che li rappresenta, mentre il suo nome viene presentato ad alta voce. Una candela può essere accesa in questo momento per rappresentare il risveglio del bambino, il risveglio della sua intelligenza, della sua coscienza, il suo risveglio spirituale. Questa fase rappresenta la sua esistenza in questo mondo. Continueremo con le preghiere di preparazione alla morte, dopo di che, ognuno lascerà la cappella per seppellire il bambino in una nicchia scavata nel punto prescelto lungo la riva del fiume. La persona responsabile del rituale si avvicina a ogni partecipante e recita una preghiera che ricorda la piena accettazione della legge divina e la felicità della liberazione. Le persone si riuniscono di nuovo nella cappella per chiudere il rituale con le preghiere di ringraziamento e lode.
Ci sembra essenziale, nel corso del rituale, avere a disposizione diversi spazi in cui la persona si trovi sola con il bambino e possa rivolgersi a lui a cuore aperto e con le proprie parole, per stabilire un legame. Ciò inizia dalla fase di modellazione del bambino, fino alla sepoltura vicino al fiume. La persona esprime i suoi affetti e le sue intenzioni nel modo di elaborare la rappresentazione del bambino, nonché la scelta del luogo di sepoltura e i dettagli della sepoltura. Durante questo periodo, la persona incaricata del rituale prega per chiedere il perdono di Dio e intercede per i bambini, i genitori dei bambini, le persone che partecipano al rituale e tutti coloro che hanno direttamente o indirettamente avuto a che fare con gli aborti. Qui a Takiwasi, preghiamo il rosario della divina Misericordia. Come abbiamo già sottolineato, per i cristiani l'aborto è un errore mortale che porta alla morte del bambino, è conveniente che chiedano perdono in una confessione sacramentale con un prete debitamente autorizzato a perdonare gli aborti.
Il rituale completo dura circa un'ora e mezza. Nella cappella suggeriamo che ogni persona adotti una postura fisica che sembri la più appropriata per mostrare rispetto per il luogo sacro e consentire una migliore riflessione. Il responsabile del rituale si alza e si inginocchia per pregare individualmente a partire dall'assenza dei partecipanti.
Diverse situazioni e domande vengono presentate regolarmente, in merito alle quali proponiamo le seguenti risposte.
Idealmente, la madre e il padre del bambino abortito si presentano insieme per la riparazione del loro atto, il che non si verifica sempre. Ecco perché quasi sempre uno dei genitori è colui che esegue il rituale. Per quanto possibile, consigliamo di consultare prima l'altro genitore per chiedere la sua approvazione e scegliere insieme un nome. Questa seconda opzione è spesso impossibile da realizzare, a causa della separazione dei genitori in quanto a relazione (divorzio, separazione, morte) o geografica. In questo caso assumiamo che il desiderio di un solo genitore sia sufficiente per procedere con il rituale.
Vi è inoltre un certo numero di richieste relative alla riparazione di un aborto da parte di una persona che ne è stata colpita senza esserne l'autore. Questo è il caso di un aborto effettuato dai propri genitori o da un membro della famiglia, o anche da un antenato o da un membro della famiglia allargata. Può anche essere un aborto deciso solo dalla compagna del momento, senza l'approvazione o la conoscenza dell’altro e talvolta persino contro la sua volontà. In questo caso, l'approvazione delle persone interessate è impossibile, così come la scelta comune di un nome. Questa approvazione non si riesce necessariamente ad ottenere da persone che non hanno lo stesso approccio o sono incoraggiate dallo stesso desiderio, o dalla stessa fede. In altre situazioni, consideriamo la volontà sincera della persona che effettua la richiesta come una condizione necessaria e sufficiente per l'esecuzione del rituale di riparazione.
Nei seminari che proponiamo, le persone di fede vogliono unirsi al rituale senza essere collegati personalmente o direttamente ad un aborto. Scelgono di pregare per le intenzioni di altre persone che eseguono il rituale per motivi personali o di dedicare la loro preghiera a tutti i bambini non nati nel mondo o per aborti generici, come quello della loro famiglia, della loro città, del loro stato ecc. In questo caso, proponiamo, come nel caso di Françoise, che sia rappresentato un singolo bambino simbolico, che rappresenti tutti i bambini e che, al momento dell'assegnazione di un nome, sia scelto un nome generico (i nomi di Maria e Giovanni ci sembrano appropriati) o semplicemente che possano esprimere ad alta voce le loro intenzioni al momento della benedizione del bambino.
Alcune persone non possono essere presenti (essenzialmente per motivi geografici) e ci chiedono di eseguire il rituale dando un nome al bambino non nato per il quale è richiesto questo intervento. Ancora una volta, il desiderio sincero di chi lo richiede è la condizione necessaria e sufficiente per poter acconsentire alla sua richiesta e un/a volontario/a rappresenta quindi questa persona nel rituale. La guarigione emersa in seguito conferma la veridicità a posteriori di questa pratica.
Quando viene richiesto il rituale per diversi aborti, se questi sono chiaramente identificati, alla persona viene chiesto di modellare un bambino per ogni aborto e di scegliere un nome specifico per ciascuno di essi. Se, al contrario, gli aborti non vengono identificati (in quantità) o se c'è un dubbio o si tratta di una riparazione generica (per i bambini non nati dalla linea dei genitori, per esempio), viene modellato solo un bambino che li rappresenta tutti e viene scelto un nome simbolico generico, come "Maria" o "Giovanni".
La preghiera rituale include una richiesta di riparazione non solo per i genitori dei bambini non ancora nati, ma anche per tutti coloro che hanno partecipato "direttamente o indirettamente" a questi aborti. Come nel caso di Françoise, altri (in questo caso suo padre) possono fornire un forte incentivo a compiere questo atto. L'aborto comporta quasi sempre l'assistenza concreta di una terza parte per l'atto abortivo. Non possiamo esimerci dal considerare che "lo spirito del tempo" che banalizza questo atto, libera gli autori dalle loro responsabilità, a volte rivendica i "benefici", pervertendo il concetto di libertà. Questa corresponsabilità o, in altre parole, questa "solidarietà del peccato", è reciprocamente chiamata solidarietà di riparazione.
Osserviamo che il padre appare meno coinvolto a livello di responsabilità per l'aborto e le sue conseguenze. Il che non significa che ne sia esonerato. Ma sembra che la decisione finale spetti direttamente alla madre, che deve essere compiacente in un modo maggiore poiché è in gioco il suo stesso corpo. Il consenso del padre è facoltativo, a volte passivo, ma quello della madre è necessario e attivo. Succede quindi spesso che sia il padre a rifiutare il bambino e costringere la sua partner ad abortire.
È anche essenziale che il padre riconosca che i bambini non ancora nati nascono da lui, esistono sul piano spirituale e quindi lui è il loro padre e non semplicemente un padre. Dovrà integrare la presenza di questi bambini come fratelli e sorelle dei suoi figli viventi; la mancanza di questo riconoscimento può portare a profondi problemi psichici e ad un'importante ferita spirituale. Anche quando questi aborti vengono ignorati, la sua responsabilità sarà meno probabile, ma i collegamenti inconsci non saranno per questo meno attivi.
Tarapoto, Perù, 8 settembre 2010.